Un gruppo di studiosi dell'Università di Bristol ha inventato una
ventosa robotica in grado di afferrare oggetti ruvidi e pesanti e
hanno preso come ispirazione chi delle ventose ha fatto uno stile di
vita. No, non parliamo di discutibili personaggi di Striscia la
Notizia, ma dei polpi.
Oh,
le ventose dei polpi sono spettacolari. Possono attaccarsi in modo
flessibile su rocce e conchiglie, superfici complesse che
costituiscono una sfida per le odierne ventose artificiali. Sebbene
si ritenga che la suzione delle ventose dei polpi sia il risultato
della deformazione meccanica del loro corpo morbido, alcuni studi
suggeriscono che la secrezione di muco all'interno delle
ventose possa essere un altro fattore importante che permette loro di
essere così “azzeccose”. Termine tecnico.
Sarà
questa la soluzione per creare una ventosa efficace? Gli studiosi si
sono messi dunque all’opera e hanno creato una ventosa che combina
le diverse caratteristiche di quelle dei polpi. Innanzitutto, è
costituita da materiali morbidi che si adattano perfettamente alle
superfici irregolari. Anche il materiale più morbido, però, non
aderisce completamente al substrato, lasciando dei minuscoli spazi
vuoti. E come si riempiono? Muco di polpo? No, ma quasi.
Le
aperture che rimangono sono delle dimensioni di pochi micron e
vengono sigillate con una secrezione acquosa che riempie la
ventosa da dentro. Questo trasforma una banale ventosa molliccia e
umida in un oggetto che mantiene salda la presa in maniera
inversamente proporzionale a quanto noi della Banana di Newton
manteniamo salda la presa sulla nostra dignità.
Il team ora vorrebbe costruire una ventosa intelligente, incorporando sensori per regolare il comportamento dell’oggetto che si adatterebbe alla superficie in maniera autonoma. A quel punto Striscia la Notizia sarà costretta a cambiare capitano.
Fonte:
Bioinspired multiscale adaptive suction on complex dry surfaces enhanced by regulated water secretion’ by Tianqi Yue, Weiyong Si, Alex Keller, Chenguang Yang, Hermes Bloomfield-Gadêlha and Jonathan Rossiter in PNAS.