Centinaia di maiali ammazzati, ma non per mangiarli. Neanche un
mozzichino. La colpa dello scempio? La peste suina africana!
Lo so, una tragedia. Facciamo un po’ il punto della situazione.
Si
parla di Peste suina africana in Italia più o meno dall’inizio del
2022, quando è stata trovata la carcassa di un cinghiale affetto
dalla malattia in Piemonte, anche se non era la prima volta che
l’italico stivale conosceva la malattia.
C’è
un focolaio endemico anche in Sardegna e negli Sessanta la malattia
era riuscita persino ad arrivare a Roma, un periodo nel quale la
popolazione di suini italiana fu decimata. Quindi siamo stati GIA’
INSACCATI dal virus.
La
peste suina africana è una malattia virale che colpisce i suini e
si manifesta come una febbre emorragica che molto spesso porta alla
morte. Al momento non esistono vaccini, anche se ne stanno testando
alcuni. Non c’è nessun pericolo per la salute umana, visto che non
è trasmissibile a noi. A meno che tu non sia un maiale. E sappiamo
che qui solo una persona è un maiale.
La malattia è diffusa nell’'Africa sub–sahariana, dove
ancora oggi è endemica. Quindi è arrivata da lì? Meh. Si e no. Il
primo cinghiale ritrovato aveva un ceppo di provenienza Nord europea
e infatti in quel periodo c’erano focolai anche in Germania, Belgio
etc. In soldoni probabilmente loro se la sono presa dall’Africa e
poi ce l’hanno attaccata.
Il
problema vero è che noi c’abbiamo un sacco di cinghiali e maiali.
Che poi so la stessa specie ma vabbé. Ma proprio tanti. Secondo
ISPRA c’abbiamo almeno un milione e mezzo di cinghiali qua e questa
malattia è super contagiosa.
Per
questo il governo è corso subito ai ripari facendo quello che
farebbe ogni sana democrazia: pulizia etnic…ehm volevo dire
abbattimenti controllati. Di cinghiali, lì dove ci sono i
focolai, ma anche di maiali negli allevamenti. E questo è un altro
paio di maniche però.
Da
un lato ci sono quelli che ci campano con sti animali. Dall’altro
ci sono santuari e privati che li tengono come animali d’affezione.
Si, perché dal 2022 si possono registrare in anagrafe zootecnica
anche quelli non destinati alla produzione di alimenti. Ed ecco che
scattano i provvedimenti, come quei 18 abbattuti in un allevamento in
Puglia perché non registrati, oppure come i 10 abbattuti in un
santuario in provincia di Pavia a settembre di quest’anno.
Gli animali non hanno sofferto, perché addormentati prima, e così continua il Piano nazionale di sorveglianza ed eradicazione. Una situazione che continua a essere delicata e dalla quale non riusciremo presto a ricavare un insaccato dal buco.