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Animali

La storia del polpo che ha covato le sue uova per oltre 4 anni

C’è un animale che merita di diritto il premio come migliore mamma del mondo: Granaledone boreopacifica, un polpo che riesce a covare le sue uova per oltre 4 anni, talmente tanto fedele al suo ruolo di genitrice al punto da lasciarsi morire di fame.

Parliamo di quella che a tutto diritto può essere definita la santa patrona delle mamme, ma soprattutto della pazienza. Questo animale fa parte della famiglia dei megaleledonidi in cui le specie sono note per dare alla luce pochi piccoli che, però, sono più grandi rispetto a quelli di altre famiglie di octopodi che vivono in climi più tropicali.

Esperta massima di Granaledone boreopacifica è la dottoressa Janet Voight, specialista in molluschi cefalopodi al Field Museum di Chicago. Lei su sti cosi sa tutto: cosa mangiano, dove vivono, come fanno, dove vanno. Insomma, è una stalker di polpi. Ed è forse per questo che non ha amici. E se ce li aveva sono scappati.

Nel 2000 ha pubblicato uno studio sui contenuti intestinali di una femmina di Graneledone boreopacifica trovata sulla parete della caldera dell’Axial Seamount, un vulcano sottomarino situato nella Dorsale di Juan de Fuca, circa 480 chilometri a ovest della cittadina di Cannon Beach, nello Stato americano dell'Oregon.

Lei era pure tutta gasata dallo studio perché nell’intestino aveva trovato dei policheti, ovvero grossi vermoni del Phylum degli anellidi, parenti dei lombrichi di terra, e gasteropodi, una classe di molluschi di cui fanno parte oltre a dei gasteropodi, parenti di chiocciole e lumache. “Weeee che figo, ci stanno i policheti e gasteropodi qui dentro!” Deve aver pensato mentre anche l’ultima delle sue conoscenze le voltava le spalle.

Scherzi a parte, il suo entusiasmo era più che giustificato. I gusci dei gasteropodi sono stati ritrovati schiacciati e triturati prima di essere ingoiati, a riprova di quanto possano essere potenti i becchi di sti polpi.

In un altro studio pubblicato nel 2020 ha cercato di capire se la pelle del polpo cambiasse in base alla distribuzione geografica. Questo perché s’era fatta una domanda che ci siamo posti tutti almeno una volta nella vita: da cosa lo riconosciamo un polpo da un altro? Dal colore degli occhi? Dal conformazione del capo? Da che numero porta di scarpe? Certo, a questo punto sorge spontanea anche la domanda: ma perché vuoi riconoscere i polpi? Chi sei, della finanza?

Comunque lei, mossa da questa curiosità, si è messa a contare il numero di verruche cutanee e tubercoli di 50 animali di questa specie. Un'impresa non da poco dato che non so manco facili da procurare, se li è dovuti andare a prendere a oltre 2800 metri di profondità. Insomma, nello studio la ricercatrice ha analizzato anche la grandezza della testa, il numero di ventose per tentacolo e le lamelle branchiali. Gli ha fatto un check up completo a sti polpi. E cosa ha capito da tutto sto popò di studio? Che gli octopodi che vengono da profondità maggiori sono più piccoli di quelli di bassa profondità e che hanno una consistenza della pelle più ruvida.

Dottoressa Voight, io le voglio bene, ma lei deve farsi aiutare. Lei non può andare avanti così.

Scherzo ovviamente, questa è il problema di chiunque faccia ricerca. Trovare risposte a domande che nessuno ha fatto e di cui nessuno sentiva il bisogno. Meno male comunque che qualcuno se le fa queste domande, perché non sapremmo niente altrimenti.

Ma parliamo delle cose serie. Come si riproducono sti cosi? Ecco, non lo sappiamo. Sono diffusissimi, ma li conosciamo pochissimo. Quel che sappiamo è per lo più basato su ipotesi. Questo poiché tutte le fasi dell’”asdrubalata” avvengono all'interno della cavità del mantello. E questo perché i polpi sono timidi e riservati.

Quel che succede è che i polpi maschi inseriscono un loro tentacolo modificato nella femmina, rilasciando un sacchettino pieno di spermatozoi direttamente all’interno. Puf. È tipo un ovetto kinder carico di piacere, che viene inserito manualmente nella femmina, a mo' di supposta. Ed è subito poesia.

A questo punto qualcuno si è chiesto: è possibile che Graneledone boreopacifica, e probabilmente molte altre specie di polpi, facciano l'amore con più maschi? Insomma s’accoppiano a destra e a manca, e a loro va benissimo così perché non esiste un polpo Pillon nella loro società?

E soprattutto, chi se l’è fatta sta domanda secondo voi? Sempre la Dottoressa Voight ovviamente! Dottoressa la deve smettere che sti polpi prima o poi la denunciano. La ricercatrice ha effettuato delle analisi genetiche sul DNA dei piccoli di una stessa covata, facendo in pratica una sorta di test di paternità per polpi. Il test ha confermato come ci fossero almeno due padri geneticamente distinti, dimostrando per la prima volta la paternità multipla negli octopodi. Polpi progressisti, quanto hanno da insegnarci.

La storia di una maternità record

Ma veniamo al nocciolo della questione e alla storia di un individuo di questa specie che ad oggi detiene il record della covata più lunga del mondo animale, da noi ribattezzata Guendalina. Un team di ricercatori ha avvistato per la prima volta Guendalina su una roccia affiorante a 1.400 metri di profondità. Era incinta e si faceva i fattacci suoi. Poi, per anni i ricercatori sono tornati regolarmente nello stesso posto per vederla. Hanno compiuto ben 18 missioni e tutte le volte si sono autoinvitati a casa sua. E lei? E, lei era sempre lì! Non s’era mossa di un millimetro.

Nel frattempo aveva deposto le uova, ed ora le accudiva. Ma sempre là era. Le femmine di Graneledone boreopacifica tendono a covare le uova tra le profondità di 1200 e 2000 metri e, nel caso della nostra Guendalina, tutte le volte che i ricercatori sono andati a trovarla hanno trovato le uova sempre custodite con cura.

Non è raro che a quelle profondità esistano animali che covano per lunghi periodi, anche perché lì fa più freddo, quindi le uova si sviluppano più lentamente. Il periodo di gestazione più lungo che era conosciuto fino a quel momento era di 14 mesi, ed era di un altro polpo, il Bathypolypus arcticus, ma Guendalina l’ha stracciato. Ha covato quelle uova per 53 mesi, il più lungo periodo di cova o gravidanza conosciuto nel regno animale. Più di 4 anni!

Ma ti rendi conto che palle? Cioè, quattro anni e mezzo appresso alle uova, ad accudirle, senza poterti muovere, senza parlare con nessuno, senza manco andare a fare la spesa, o andare in bagno. Poi come minimo si schiudono e i figli iniziano ad ascoltare reggetton. E no, dai!

Chiamarono Guendalina “Octomom e osservarono le uova crescere ogni mese, ma più le uova crescevano più lei si indeboliva. La sua pelle diventava sempre più pallida a causa della carenza di cibo. I ricercatori sospettavano Guendalina durante la covata mangiasse poco o nulla. Ogni volta che i ricercatori andavano a trovarla la trovavano con le sue uova, e non tentava mai di nutrirsi, nemmeno di quelle prede che le passavano davanti la faccia. Hanno provato anche a offrirgli un pezzo di granchio, ma quella niente. Sembrava in trans. Sembrava quasi morta.

Uno studio riporta che il suo cervello era come spento, ad eccezione delle ghiandole oculari, regione celebrale forse utile per controllare la presenza di predatori. Tale covata da record, secondo i ricercatori, serve sia per proteggere i piccoli che per spruzzarci acqua sopra, ossigenandole. Insomma, era come una macchina. Un robot. O se preferite, una zombie, mossa solo da un singolo proposito: proteggere i suoi futuri figli.

Quando a ottobre del 2011 tornarono a trovarla, Guendalina era sparita. Tutto quel che era rimasto erano i resti dei gusci delle sue uova. Aveva dato tutta se stessa per proteggere le proprie uova. C’erano voluti più di 4 anni, ma alla fine ce l’aveva fatta.

Se c’è una cosa che possiamo apprendere dall’incessante lavoro dei ricercatori è porsi sempre nuove domande, e dunque una nuova domanda sorge spontanea: chi gliel’ha fatta fare? Gli studiosi ipotizzano che il beneficio evolutivo per una cova così estenuante possa essere aumentare le possibilità di sopravvivenza della prole, consentendo loro di svilupparsi ed emergere pienamente in grado di badare a se stessi.

La dottoressa Voight aveva cercato di studiare il mistero dietro queste incredibili doti genitoriali già dai primi del 2000. Il problema è che, come lei stessa aveva raccontato, trovare covate di questa specie era talmente raro che nei 120 anni precedenti erano state raccolte parti di solo quattro covate di polpo, con un numero di cuccioli stimato da 1 a 3, ma mai accertato con sicurezza.

Nel 2002 però fece il colpaccio. Con il suo team, armato di un veicolo radiocomandato sottomarino denominato Tiburon fece un ritrovamento eccezionale: documentò la schiusa delle uova di una mamma di Graneledone boreopacifica, a circa 1600 metri di profondità sulla dorsale di Gorda, situata sul fondo dell'Oceano Pacifico nordorientale, al largo della costa dell'Oregon e della California settentrionale. In questa spedizione raccolse 28 piccoli polpetti. Che se io fossi stato la madre mi sarei un pochetto incazzato. Più di 4 anni per badare a questi, e poi arriva una e me li frega.

I piccoli erano lunghi 55 millimetri, e questo spiega come mai le covate siano tanto lunghe. Sono i polpetti più grossi mai conosciuti. In pratica escono già con i bicipiti pronti a pensare a se stessi. Nascono già laureati e col lavoro stipendiato. In realtà i ricercatori si aspettavano delle bestie ancora più grosse, ma a quanto pare questi in particolare sono nati da una schiusa prematura.

Il gioco delle domande che nascono da altre domande, però, non finisce qui. C’è un ulteriore quesito che affiora: possibile che sta mamma per più di 4 anni non mangi niente di niente?

In generale, quando iniziano la cova, le femmine di polpi cambiano un sacco il proprio comportamento. Durante questo tempo la futura mamma non mangia, e pensa solo a custodire le sue uova, lasciando che il suo corpo si deteriori. Ma qui arriva la cosa assurda. Secondo alcuni ricercatori quel che succede a questo punto è una specie di inizializzazione di un programma attivo di morte, una sorta di sequenza di auto-distruzione.

Ci sono esperimenti di più di 50 anni fa fatti su una specie chiamata Octopus hummelincki che hanno mostrato che gli eventi che portano alla morte della femmina sono controllati da un organo nel cervello del polpo, la ghiandola ottica, che per capirci possiamo ribattezzare “ghiandola della mammità”. Quando la ghiandola della mammità viene rimossa dopo che le uova sono state deposte, il polpo femmina se ne frega.

Ricomincia ad accoppiarsi, mangia, beve e fuma le sigarette simpatiche, proprio come se non avesse deposto nulla. Praticamente disattivano la modalità “mamma modello”. Ma la cosa che sorprese ancor di più era che il polpo viveva molto più a lungo senza quella ghiandola. Non solo: continuano a vivere anche senza mangiare. Quindi, la morte deve avere altre cause che non sono legate alla fame.

Capiamoci, come avvenga la morte programmata a livello cellulare è chiaro. Il processo di apoptosi, ovvero la serie reazioni biochimiche che porta alla morte della cellula, è qualcosa che si conosce ormai da tempo. Come questo avvenga a livello dell’intero organismo, però, è ancora un mistero, almeno per i polpi.

Infatti, di specie che muoiono subito dopo essersi accoppiate, lì fuori, è pieno. È per questo che sono molto felice di essere parte di questa specie di primate glabro. La morte improvvisa subito dopo la riproduzione, come quella della nostra Guendalina, non è insolita in specie che mettono tutte le loro energie in un singolo atto riproduttivo. È molto comune tra le piante, ma si trova anche fra gli animali, come, ad esempio, in molti ragni che si impegnano in atti sessuali pericolosissimi. In questi casi la morte è una conseguenza inevitabile dell'atto di accoppiamento, spesso per il maschio, e presumibilmente aumenta l’appetibilità per le femmine, in alcuni casi letteralmente.

Citando il filosofo tedesco Martin Heidegger: “Un essere-per-la-morte è l'anticipazione di un poter-essere di quell'ente il cui modo dì essere è l'anticiparsi stesso. Nella scoperta anticipante di questo poter-essere, l'esserci si apre a se stesso nei confronti della sua possibilità estrema”, che tradotto significa… boh mica l’ho capito, però secondo me ci sta bene come conclusione.

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Barbascura X

Direttore editoriale