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Animali

Cos’è una specie aliena?

Con specie aliene si intendono quegli organismi trasportati dall’uomo, in maniera volontaria o accidentale, al di fuori della sua area di origine. Vengono chiamate anche esotiche il che richiama subito alla mente profumi speziati, piatti piccanti e taxi parcheggiati sui marciapiedi. Non parliamo di Centocelle, quartiere di Roma senza dubbio esotico, ma di animali e vegetali e altre forme di vita che, in alcuni casi, possono costituire un pericolo per la sopravvivenza delle specie autoctone.

In questa particolare circostanza parliamo di specie aliene invasive, ovvero quegli organismi la cui introduzione e diffusione causa impatti negativi alla biodiversità e ai servizi ecosistemici, ovvero quella serie di servizi che ci fornisce l’ambiente e che noi spesso diamo per scontato come la produzione di ossigeno, di legname e di foglie secche sul marciapiede che danno qualcosa da spazzare ai negozianti dei piccoli paesi quando non c’è nessuno.

Secondo l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) in Italia le specie esotiche sono più di 3.000 e non tutte le specie aliene sono invasive. Infatti, in media secondo il Ministero dell’ambiente e della Sicurezza Energetica delle 12.000 specie esotiche registrate in Europa, solo il 10-15% è ritenuto invasivo e quindi dannoso. Vabbé, quindi niente di preoccupante, no? Manco per niente.

Sempre secondo ISPRA i danni causati dalle specie aliene invasive ammontano a circa 12,5 miliardi di euro l’anno, insomma, non proprio quisquilie. Affrontare il problema non è uno scherzo, motivo per cui legislatori ed esperti di conservazione hanno deciso di concentrare gli sforzi solo nei confronti di quelle specie più problematiche.

Fino ad oggi, infatti, sono state pubblicate sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea quattro liste di specie esotiche vegetali e animali di rilevanza unionale che complessivamente costituiscono un elenco di 88 specie, elenco che viene periodicamente aggiornato. Descriverle tutte sarebbe un po’ tantino e noi siamo per fare il minimo indispensabile, motivo per cui riportiamo di seguito alcune delle specie animali a nostro parere più rilevanti.

Rana toro americana (Lithobates catesbeianus)

Credits: Cephas via Wikimedia Commons

La rana toro americana viene dagli Stati Uniti, è grossa, è fra le 100 specie più invasive del pianeta ed è incazzatissima. Perché si chiama rana toro? Semplice. Vai verso il depuratore a Monte Rotondo, a nord di Roma: la notte sembra di stare in un ranch in Arizona. Il loro verso è simile a un muggito, talmente simile che in alcune città del Texas fanno a gara per montarle. Non è vero, però è un parallelismo che rende l’idea.

Ma perché stanno a Monte Rotondo queste qui? C’è stata un'impennata di cow boy confusi che sono emigrati per tutta la campagna? No, se le volevano mangiare. Già, sono anfibi che raggiungono anche gli 800 grammi di peso, quasi il doppio di un ratto adulto, che tra l'altro è anche una delle sue prede preferite. Hanno iniziato ad allevarle e soprattutto a esportarle in diversi paesi a partire dagli anni ‘60, ma il mercato di cosce di rana in Italia non è andato proprio alla grande e al fallimento degli allevamenti molte di queste sono state liberate.

Scoiattolo grigio (Sciurus carolinensis)

Credits: M.B via Wikimedia Commons

Continuiamo la nostra lista con un altro “invasore” dal Nord America: lo scoiattolo grigio (link articolo). Parliamo di un un roditore introdotto in Europa e Sudafrica principalmente a causa della liberazione intenzionale dalla cattività. Per alcune persone, infatti, l’idea di tenere uno scoiattolo in cattività non era così male, accorgendosi ben presto che gli animali non sono proprio oggetti ornamentali, hanno esigenze ecosistemiche ed ecologiche e devi avere a che fare costantemente con la cacca che fanno.

Ecco dunque che sono stati liberati nei parchi cittadini e quelli, giustamente, hanno iniziato a competere per le risorse con le specie autoctone, come lo scoiattolo rosso (Sciurus vulgaris), che da diversi anni in Italia è ormai in declino.

Nutria (Myocastor coypus)

Credits: Gzen92 via Wikimedia Commons

Ci spostiamo nel sud del mondo per incontrare un’amica che in diverse parti d’Italia è comune come i piccioni in Piazza San Marco. La nutria (link articolo) è un mammifero originario del Sud America, un roditore di grosse dimensioni introdotto in molti paesi del mondo verso la fine dell'800 per essere allevato come animale da pelliccia. Un’idea commerciale geniale se non fosse che, quando qualcuno si presentava a una dama ottocentesca con una pelliccia di nutria quella gliela tirava in faccia.

La pelliccia dell’animale, infatti, non è proprio fra le più pregiate e dunque la specie fu rilasciata intenzionalmente, anche a causa del declino della richiesta di pellicce che il secolo successivo daranno il posto ai bomberini in piuma d’oca, crimine contro la Costituzione di Ginevra. In ogni caso, le nutrie libere cominciando a colonizzare e infestare gran parte dei corsi d'acqua dolce e dagli anni '60 è presente in maniera massiccia anche in Italia, causando enormi danni strutturali ai corsi d'acqua, alla vegetazione e alla fauna acquatica.


Gambero rosso della Louisiana (Procambarus clarkii)

Credits: Luc hoogenstein via Wikimedia Commons

Non lo stiamo facendo a posta, ma per il prossimo animale ci tocca tornare nuovamente negli USA e rimanerci anche per quello dopo. Parliamo del gambero rosso della Louisiana (link all’articolo), un piccolo crostaceo d'acqua dolce originario introdotto per decorare gli acquari e per l’alimentazione e che ora infesta diverse zone dell'America centro-meridionale, dell'Europa e dell'Asia.

Il suo colore rossastro evidenzia la sua cattiveria e in Italia spadroneggia a partire dal 1989. Il suo successo lo deve all’incredibile plasticità ecologica, ovvero in parole povere la capacità dell’organismo di rispondere alle variazioni delle condizioni ambientali. In Italia compete per le risorse con il gambero di fiume europeo (Austropotamobius pallipes), animale minacciato secondo l’Unione internazionale per la conservazione della natura (IUCN).

Testuggine palustre americana (Trachemys scripta)

Credits: Diego Delso via Wikimedia Commons

Imbracciamo il banjo e qualsiasi altro stereotipo dell’America continentale che vi viene in mente perché ci spostiamo lungo il fiume Mississippi. Qui si trova la testuggine palustre americana, in particolare la sottospecie T. s. elegans, un rettile d'acqua dolce presente ad oggi in gran parte dei continenti, Europa compresa.

Anche lei è inserita nell’elenco delle 100 specie invasive più dannose e in Italia è arrivata circa negli anni '70. Sarà perché si sciolgono i The Beatles, sarà lo scandalo Watergate di Nixon o semplicemente perché le persone la volevano come animale da compagnia, non lo sapremo mai. Fatto sta che, come sempre, chi si stufa di avere una tartaruga in casa decide di liberarla in natura, provocando un invasione talmente grande che ad oggi rende virtualmente impossibile qualsiasi tentativo di eradicazione. A soffrire particolarmente la sua presenza sono le testuggini autoctone europee (Emys orbicularis) che oltre a rubargli i soldi della merenda competono con loro per le risorse.

Pesce siluro (Silurus glanis)

Credits: Dieter Florian via Wikimedia Commons

L’ultimo animale della nostra lista è originario dell'Europa centro-orientale: il pesce siluro. Il nome è indicativo di tante cose, in primis la forma che ricorda molto quella di una supposta e sicuramente lo hanno chiamato così anche per il fatto che il suo impatto ambientale equivale proprio a una supposta nel retto degli ecosistemi.

È stato introdotto in molti paesi Europei, compresa l’Italia, già a partire dalla fine dell’800 e il motivo è chiaro: il pesce siluro può raggiungere anche 1,6 metri di lunghezza, anche se a volte superano anche i 2 metri per un peso di oltre 150 chili. Un animale imponente che costituisce un’ottima sfida per i pescatori sportivi. Già, evidentemente i pescetti italiani non sono abbastanza per alcuni pescatori che sentono la necessità di mettersi alla prova pescando bestie del genere, senza pensare che questa loro sindrome da compensazione ha portato a far competere questo grande predatore con le specie autoctone, comportando notevoli squilibri ecosistemici.


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