Il gambero rosso della Louisiana è uno dei gamberi di fiume più diffusi al mondo divenuto un incubo ecosistemico per molti ambienti acquatici. Questo irsutissimo crostaceo, infatti, è originario delle acque dolci del nord del Messico e del sud-est degli Stati Uniti, ma ormai può essere trovato praticamente in ogni continente eccetto per l’Australia e l’Antartide.
Ma come ha fatto questo artropode pazzo a diffondersi così tanto? Sarà stato per caso l’uomo? Spoiler: sì, è stato l’uomo. In uno studio del 2020 un gruppo di ricercatori fa il punto della situazione degli ultimi decenni di “invasione”. La presenza del gambero rosso della Louisiana in Italia è documentata dal 1989 e ogni anno sempre nuovi dati della sua presenza stanno emergendo continuamente negli ultimi anni in tutto il Paese. In sostanza sono più di 30 anni che questo sta qua. Potremmo essere andati a scuola insieme.
Il motivo della sua importazione è per l’utilizzo in cucina e come perfetto animale ornamentale da acquari. Peccato che l’irsutissimo crostaceo non abbia voluto essere paragonato a un soprammobile e, probabilmente per negligenza umana, è stato liberato in diversi corsi d’acqua a partire dalla provincia di Torino.
Gli studiosi hanno trovato evidenze della presenza del gambero in circa l’80% delle province italiane con la più alta concentrazione nell'Italia centrale, dove è presente ovunque. Nell'Italia nord-occidentale si può trovare nel 96% delle provincie e nell'Italia nord-orientale nel 90,9%. Nell'Italia insulare ci sono meno riscontri, ma comunque voliamo alto, con la sua presenza nel 64,3% delle provincie. Infine, nell'Italia meridionale la specie è stata rilevata “solo” nel 45,8% delle province.
Bisogna tenere conto che questi dati sono vecchi già di tre anni e nel mentre il gambero potrebbe aver continuato la sua pazza scalata al potere, una storia simile a quella del granchio blu che negli ultimi mesi sta facendo molto parlare di sé per lo stesso motivo.
Il segreto della sua invasività è ben esplicitato in uno studio del 2006. Gli scienziati parlano della ridotte dimensioni, la rapida crescita dei piccoli e nella prolificità che, unita all'incredibile adattabilità a quasi ogni ambiente acquatico, lo rendono una macchina da conquista perfetta. Mostra anche abitudini alimentari generaliste e opportunistiche, consumando macrofite e cacciando anfibi. Procambarus clarkii può anche sostituire i gamberi indigeni attraverso una combinazione di meccanismi, tra cui l'esclusione competitiva e la trasmissione del fungo simile ad Aphanomyces astaci, responsabile della peste dei gamberi.
Insomma, per il nostrano gambero europeo (Austropotamobius pallipes) non c’è partita e infatti è considerato in pericolo dalla Unione internazionale per la conservazione della natura (IUCN).