Il granchio blu (Callinectes sapidus) è un crostaceo che da alcuni mesi sta “invadendo” diverse regioni italiane provocando danni ingenti agli ecosistemi marini a causa della sua voracità.
Uno dei problemi maggiori è la sua grande prolificità. Le femmine, infatti, possono arrivare a deporre 2 milioni di uova già alla prima covata, e considerato che possono farne almeno due o tre nell’arco della loro vita, se ne stimano mediamente 7 milioni in totale per ogni femmina. Una nazione. Possono battere moneta propria ed eleggere il loro parlamento.
Non parliamo dunque di una specie aliena qualsiasi, ma di un gran bel casino ecologico ed economico, tanto che il Presidente della Regione Veneto, Zaia, ha chiesto lo stato di emergenza nazionale.
In una conferenza stampa lo ha perfino alzato come la coppa UEFA mentre spiegava che il filo che gli usciva dal culo era un pezzo di rete da pesca che si era mangiato. Il granchio, non Zaia.
Questi granchi in effetti tagliano le reti da pesca, e per farvi capire che fanno sul serio se le mangiano pure. Poi ti ritrovi granchi con la cordicella in culo. Tu gli tiri la cordicella convinto che muoverà gli arti tipo quei pinocchi di legno dei paesi, ma no al massimo ti stacca una falange con le chele.
Ma cos’è sto granchio blu? È veramente un invasore così infame come dicono? Dobbiamo realmente rapire le sue donne prima che si riproducano? In effetti si tratta proprio di un bel assedio, anche se è ancora troppo presto per valutare il costo effettivo della sua presenza in Italia, ma ci sono già diversi laboratori che stanno lavorando sul tema e le previsioni non sono promettenti.
Si tratta di una specie aliena, ovvero di un organismo che non dovrebbe esserci qui ma ehi, spoiler, ormai c’è. E mo ce la teniamo. E non c’è niente che si possa fare adesso, se non imparare a conviverci. Esattamente come è già successo per tante altre specie aliene, come ad esempio il punteruolo rosso, i parrocchetti, il gambero della Louisiana, il pesce siluro, lo scoiattolo grigio, la zanzara tigre, l’ibis sacro, la cimice asiatica, la nutria e le Birkenstock.
Quelli che ho elencato sono anche pochi, in realtà la lista delle specie invasive è immensa ed in continua espansione. Secondo l'ISPRA (Istituto Superiore Per la Protezione e la Ricerca Ambientale) le specie aliene in Italia sarebbero più di 3.000. Per fortuna non tutte sono invasive, ovvero non tutte causano impatti negativi alla biodiversità e ai servizi ecosistemici.
Delle 12.000 specie esotiche registrate in Europa, solo il 10-15% è ritenuto invasivo e quindi dannoso. Vabbé, quindi niente di preoccupante, no? E no. Secondo l’EFSA (Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare) il costo europeo in termini di controllo ed eradicazione delle specie esotiche invasive, nonché di risarcimento dei danni causati da esse, supera i 10 miliardi di euro all’anno, senza contare il costo di gravi agenti patogeni umani o i focolai di malattie degli animali insomma, non proprio quisquilie.
Ma da dove arrivano queste specie aliene? Eh, dipende. A volte vengono portate in un altro paese per errore, tipo come probabilmente è successo con la zanzara tigre, il punteruolo rosso o la cimice asiatica. Altre sono state liberate da degli adorabili bontemponi che di ambiente non capiscono una ciola.
Un esempio è quello dei pappagallini o le tartarughe dalle orecchie rosse che ora infestano l’Italia, importati prima come animali da compagnia e poi liberati perché ormai troppo cresciuti o perché i proprietari si sono stufati di loro. Questa tartaruga oggi è nell’elenco delle 100 specie esotiche invasive più dannose al mondo. Insomma, l’uomo è fin troppo colpevole quando si parla di trasporto di specie invasive in giro per il mondo.
E possiamo citare ancora procioni, visoni, donnole, anfibi, molluschi, insetti, pesci e chi più ne ha più ne metta. Ma ci sono altri modi ancora con cui una specie aliena può arrivare, tipo, a causa dei cambiamenti climatici e della tropicalizzazione del territorio, alcuni, come i pesci scorpioni, stanno venendo trovati sempre più frequentemente poiché le nostre acque sono oramai di loro gusto.
Alcune specie aliene sono scappate da un allevamento, come è successo ad esempio con i visoni, che vengono allevati così qualcuno ci può imbottire il suo cappottino, oppure con i gamberi della luisiana, i famosi gamberi killer, che sono scappati dagli allevamenti dove venivano fatti riprodurre per scopi alimentari, e ora stanno devastando gli ecosistemi palustri e fluviali di mezza Italia.
E nel caso del granchio blu? Eh, difficile dirlo, ma probabilmente è arrivato qui per errore, forse trasportato da qualche peschereccio.
Il granchio blu è una specie che viene dalla costa occidentale americana e si estende dal New England fino all’Argentina. Qui da noi, invece, è per l’appunto una specie invasiva che da un po’ di tempo ha fatto del Mediterraneo la sua casa. In Italia è stato avvistato in diverse regioni già da alcuni anni, anche prima del 2015, ma solo dal 2019 ha iniziato seriamente a far parlare di se. Nell’estate di quell’anno sono fioccati articoli sull’incredibile abbondanza del granchio ad esempio in Puglia, nei laghi di Lesina e Varano e in alcune spiagge salentine vicino Lecce, ma non solo.
La sua presenza è stata registrata anche nell’Alto Adriatico, in Campania e in Veneto. Insomma, in alcune spiagge i bagnanti si sono ritrovati letteralmente sommersi. E già le spiagge sono pieni di esseri umani, è un miracolo trovare un buco per un ombrellone, il granchio blu ci mancava.
Dal 2019 il granchiazzo ha continuato la sua avanzata conquistatrice e ha messo sotto scacco anche altre regioni, arrivando persino a Roma, in particolare a Ostia, dove ha deciso di aprire una sua sala slot prendendo in concessione uno stabilimento. Un’avanzata che sarà ricordata come la marcia del granchio su Roma.
Inutile dire che la venuta del granchio blu nelle nostre acque era già scritta e preannunciata. No, non nel libro “Le belle e accurate profezie di Agnes Nutter”, strega della famosa serie Netflix “Good Omens”, ma in un paper del 2017 che spiega come la sua diffusione nell’Europa meridionale è partita già dall’inizio del 20esimo secolo.
Non importa se sei un lido, un fiume, una marana, o la pozzanghera d’acqua che si forma sotto il lavandino che perde, dall’avanzata del granchio blu non sfugge nessuno: ovunque arrivi si insedia e piazza la sua bandiera granchiosa.