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Animali

L’avanzata della nutria in Italia e soprattutto: è commestibile?

Originaria dell'America del Sud subtropicale e temperata, la nutria (Myocastor coypus) ha invaso i corsi d’acqua di moltissimi paesi, inclusa l’Italia. No, gli animali non decidono autonomamente di passare un oceano per provare la pizza a portafoglio napoletana: siamo stati noi a importarla per creare allevamenti e sfruttarla per il mercato delle pellicce.

Dunque, la nutria a tutti gli effetti è una specie aliena invasiva, ovvero un organismo la cui introduzione e diffusione causa impatti negativi alla biodiversità e ai servizi ecosistemici, cioè quella serie di servizi che fornisce l’ambiente e che noi spesso diamo per scontato, come la produzione di ossigeno, di legname e di foglie secche sul marciapiede che danno qualcosa da spazzare ai negozianti dei piccoli paesi quando non c’è nessuno.

In molte aree di introduzione questa specie danneggia le colture e i sistemi di irrigazione scavando ed erodendo gli argini di fiumi e dighe. Per queste ragioni, la nutria è considerata una delle peggiori specie invasive sia a livello europeo che globale. In molti hanno provato a eradicare l’animale, spesso con scarso successo, le nutrie sono più testarde di te: se vogliono abitare nel laghetto vicino casa tua devi solo stare zitto e portargli il tuo primogenito come pegno sacrificale.

Scherzi a parte, a oggi sono state eradicate in pochi posti, come due piccole aree negli Stati Uniti e da una vasta area in Inghilterra, ma come spesso accade con le specie invasive, una volta che si insediano in una zona ormai tocca farci i conti per sempre. Allora iniziano i programmi di controllo e mantenimento, per cercare di contenere i danni il più possibile, proprio come accade in Italia.

Nel Belpaese l’introduzione della nutria risale al 1928, sempre per fare allevamenti da pelliccia. Pellicce che, però, non sono piaciute granché e per questo motivo sono stati liberati ignobilmente in natura pensando: ma che vuoi che accada?

Accade che ora la specie è diffusa nelle regioni centrali e settentrionali e sparsa nelle regioni meridionali e sulle principali isole. Alla fine degli anni ‘90 provarono a eradicarla, ma secondo uno studio del 2007 non si è risolto un bel niente. L’eradicazione fu portata avanti dal 1995 al 2000 e i ricercatori hanno calcolato che I danni causati alle colture e agli argini dei fiumi dalle nutrie in Italia in quegli anni sono ammontati a più di 11 milioni di euro, mentre le attività di controllo ed eliminazione dell’animale hanno comportato costi per più di 2 milioni.

Lo sforzo è stato vano e l'espansione delle popolazioni di nutria ha continuato senza guardare in faccia a nessuno. A livello nazionale, l'impegno nel controllo non è riuscito a ridurre i danni economici, mentre a livello locale, nelle province in cui le attività di controllo sono state effettuate per un periodo di cinque o sei anni, l'aumento della popolazione non è stato limitato per niente.

Recentemente, l’Università degli Studi di Torino ha provato a sterilizzare degli individui tramite vasectomia e liberarli nuovamente in natura, un approccio senza dubbio più etico, ma anche più lungo. L’impatto della tecnica sarà possibile notarlo solo fra qualche anno, ma se la ricerca dovesse portare buoni frutti potrebbe essere un’alternativa valida al semplice controllo dei danni o all'inserire l’animale all’interno della nostra cucina, una scelta criticata da molti ma che aprirebbe senza dubbio un nuovo scenario culinario in Italia con rivisitazione di piatti tipici italiani in salsa di nutria. Certo, non il massimo se sei vegano.

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