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Animali

Si può fare scienza con la magia?

Molti scienziati nel corso della storia hanno scoperto come i trucchi di magia possono essere usati per studiare il cervello umano poiché sfruttano le nostre aspettative e abilità cognitive per sorprenderci. Facciamo un esempio.

Avete 13 anni e siete alla festa del vostro amico Gino. Vorreste solo sfondarvi di videogiochi, ma i genitori di Gino hanno pensato: “Sai cosa sarebbe bello per la festa del nostro primogenito adolescente? Uno spettacolo di magia!” 

Allora vi sedete con il resto della classe a guardare le mirabolanti imprese del Mago Frisella il cui trucco di magia più famoso è tirare fuori una caponata dal proprio stomaco dopo il terzo gin tonic. “Ualà! Sorpresi? - Dice Frisella mentre viene sbattuto fuori dal locale - Se solo qualcuno apprezzasse la mia magia”, pensa fra sé e sé.

Be’, caro mago Frisella, non demordere perché se non riesci a trovare un pubblico che apprezzi le tue magie fra gli esseri umani, puoi sempre provare con gli animali e chissà, forse riuscirai anche a dare un grande contributo alla ricerca scientifica. Sì, avete capito bene! Anche i trucchi di magia da quattro soldi possono essere utilizzati per far progredire la scienza.

Eh, già. Un uomo adulto ha fatto delle magie a un gruppo di scimmie e ci ha pure pubblicato un paper scientifico.

Magia e scienza: un connubio particolare

I trucchi di magia e i giochi di prestigio hanno il potere di sorprendere e affascinare, sempre se riescono. Non c’è nulla di più vergognoso di fare una magia a un gruppo di amici e fallire. Eppure gli esseri umani continuano a inventarsi sempre nuovi modi per sfruttare la suggestionabilità delle persone per sorprendere gli amici alle feste, o per convincerti che c’è un nuovo ordine mondiale comandato da uomini-lucertola che vuole venderti le pentole in acciaio inox.

Ma cosa succede se uno scienziato nel tempo libero fa anche il mago o viceversa? Be’, escono fuori degli esperimenti che definire creativi è un eufemismo. I primi esperimenti che utilizzavano la magia a fini scientifici li abbiamo alla fine dell’800 e la prima materia di studio a interessarsene è quella che più verosimilmente può essere definita “stregoneria”: la psicologia.

Nel 1897, Joseph Jastrow, psicologo statunitense nonché protagonista di un’avventura in cui un gruppo uomini parte per sconfiggere un’antica divinità a colpi di pose buffe che i posteri ricordano come “Le bizzarre avventure di Joja”, notò che poteva esserci un effettivo collegamento fra scienza, giochi di prestigio e illusionismo. In quegli anni, infatti, sia lui che altri studiosi avevano pubblicato diversi articoli sulla “psicologia della magia”.

Fra gli studi pubblicati probabilmente il più interessante è la tesi di dottorato di un certo Norman Triplett, uno psicologo dell’Università dell’Indiana che aveva lavorato sulla psicologia dell'evocazione. Che vuol dire? C’entravano pentagrammi disegnati con il fuoco, pugnali sacrificali e Giorgio Mastrota? Purtroppo no. Ha studiato tutti quei trucchi di prestigio in cui si faceva comparire qualcosa dal nulla, come il classico coniglio dal cilindro per intenderci.

Nello studio ha quindi analizzato gli elementi in comune con tutti i trucchi del genere scoprendone il valore pedagogico e sociologico. Secondo Triplett i trucchi di magia ci piacciono perché ci fanno evadere dalla realtà, ma ci pongono anche una sfida, un puzzle da risolvere che dà fondo alle nostre abilità investigative.

Vabbé un sacco di psicologi erano interessati a quei tempi alla magia, ma poi “la magia” svanisce. Hai capito? La magia. Svanisce. Vabbé. Per diversi anni non si sente parlare di giochi di prestigio e scienza. Forse perché in mezzo abbiamo due guerre mondiali, la guerra fredda, Černobyl, la nascita di Marco Columbro e un sacco di altre cose. Parere mio eh.

Arriviamo negli ultimi decenni in cui la moderna tecnologia è stata applicata per lo studio dei trucchi di magia. In un esperimento del 2009 alcuni ricercatori, ad esempio, hanno analizzato quali parti del cervello si attivano quando i maghi ci ingannano con i loro giochi di prestigio, scoprendo che ci sono due zone che si attivano più di altre, ovvero la corteccia prefrontale dorso-laterale e la la corteccia cingolata anteriore, regioni cerebrali associate all'individuazione di conflitti e l'attuazione del controllo cognitivo. In pratica quelle aree che fanno dire al nostro cervello: ERROR 404, mammifero nel copricapo NOT FOUND.

Poi scoprono che queste attivazioni sono maggiori nell'emisfero sinistro, implicando quindi che sia l’emisfero cerebrale più predisposto all’interpretazione di eventi complessi. Fanno pure riferimento a una branca della neurobiologia che ho deciso essere la mia preferita: la neurobiologia dell'incredulità.

Ma che figata sarebbe andare in giro e poter dire: “Si, sono dottore in neurobiologia dell’incredulità, ho fatto un master in fisica dei sogni dove ti caghi sotto davanti a tutta la classe e ora sto seguendo un corso di chimica delle particelle a forma di cazzo”. Ho trovato cosa mettere sul mio biglietto da visita.

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Barbascura X

Direttore editoriale